Correlazione: Tiroide-fegato-intestino
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Ven, Apr

Correlazione: Tiroide-fegato-intestino

Tiroide-fegato-intestino: quale correlazione?

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Come possono tiroide, fegato ed intestino essere correlati fra loro? Sembra strano, invece, questi tre lavorano insieme nella produzione di ormone biologicamente attivo (T3). Infatti, sia nel fegato che nell’intestino avviene la conversione dell’ormone T4 a T3, solo se questi organi sono in salute. Come ci si accorge se la conversione non avviene in modo corretto? Leggete l’articolo per saperne di più.

Tiroide-fegato-intestino: quale correlazione?
Tiroide-fegato-intestino: quale correlazione?



Gli ormoni della tiroide

Quando la ghiandola tiroidea produce i suoi ormoni, T3 e T4, non lo fa in egual misura, infatti, essi hanno un rapporto di 1:4, ciò vuol dire che la quota di T4 prodotta è maggiore rispetto a quella del T3. Poiché l’ormone biologicamente attivo non è quello maggiormente prodotto, in periferia il T4 deve essere convertito in T3, tramite un enzima, la desiodasi, che elimina un atomo di iodio dalla molecola di T4. Come illustrato nell’immagine sotto, a seconda della posizione in cui viene eliminato l’atomo di iodio si formeranno T3 (attivo) e rT3 (freno della tiroide). Anche se la nostra tiroide è stata distrutta e assumiamo levotiroxina tramite farmaci, la conversione dovrà sempre avvenire in organi come il fegato, l’intestino, ecc.

Ormoni tiroidei
Ormoni tiroidei


Come accorgersi che non avviene la conversione in quantità adeguate? Dai valori di T3 e T4 o ft3 e fT4. Infatti, se il T4 (o l’fT4) si trova all’interno del range di normalità mentre il T3 (o l’fT3) è basso, significa che la conversione non sta avvenendo in modo corretto o che la desiodasi sta convertendo più T4 in rT3, frenando la funzionalità della tiroide.

Conversione epatica

Affinché possa verificarsi una corretta conversione dell’ormone, però, il fegato e l’intestino dovranno essere in salute. Iniziamo dal fegato, che converte circa il 40% dell’ormone. Se la conversione non avviene adeguatamente dovremo detossificare il fegato con uno degli antiossidanti più potenti del nostro organismo, il glutatione (GSH). Questo è costituito da cisteina, glicina e glutammato ed ha la funzione di contrastare i radicali liberi e di evitare l’ossidazione dei globuli rossi; affinché questo possa funzionare correttamente necessita di NADPH, un cofattore che lo rigenera da ridotto ad ossidato, mantenendolo sempre funzionante.

Qualora le concentrazioni di glutatione dovessero essere basse, è consigliabile anche verificare la presenza di una mutazione nel gene GSTM1 (Glutatione S-transferasi mu), che codifica per l’enzima che si occupa di elaborare il glutatione. Se questa è presente, allora diventa inevitabile integrare l’alimentazione con glutatione.

Per favorire la produzione di glutatione naturalmente dovremmo inserire nella nostra alimentazione alimenti come la cipolla, l’aglio, le crucifere (dopo averle ben cotte in acqua) oppure assumerlo tramite integratori, sotto forma di acetil-glutatione, più disponibile poiché attraversa la barriera intestinale integro e va in circolo, infine, si può consentirne la sua produzione tramite l’assunzione di integratori di N-acetil-cisteina (NAC).

Nei processi di detossificazione è coinvolto anche il gene MTHFR, che codifica per l’enzima metilen-tetraidrofolato reduttasi in grado di metilare ed espellere i metalli pesanti, con il supporto della vitamina B6, B12 e del folato. Se questo gene è mutato, i metalli pesanti rimarranno nel nostro organismo ed ostacoleranno le funzioni di diversi organi. Per verificare se il gene è mutato o meno bisognerà sottoporsi ad un prelievo per il test genetico per l’MTHFR oppure possiamo valutarlo tramite il dosaggio dell’omocisteina in modo indiretto; infatti, se l’omocisteina è alta, uno dei motivi potrebbe essere questa mutazione.

Nella detossificazione del fegato interviene anche un altro enzima, la COMT (Catecol-O-metiltransferasi), che oltre ad elaborare neurotrasmettitori cerebrali, favorisce la disintossicazione nel fegato e nell’intestino grazie al supporto di vitamine del gruppo B. Qualora questo enzima fosse mutato, si potrebbe verificare dominanza estrogenica, di cui potrete leggere maggiori informazioni cliccando qui, spesso presente nelle pazienti sofferenti di tiroidite di Hashimoto.

Conversione intestinale

Oltre a sentir parlare del collegamento fra intestino permeabile (leaky gut) e patologie autoimmuni (di cui potrete approfondire l’argomento cliccando qui), l’intestino si occupa del 20% della conversione da T4 a T3. A sostenere questa azione sono i batteri intestinali sani, in grado di produrre l’enzima solfatasi intestinale; infatti, nell’intestino il T4 viene convertito in T3 solfato (T3S) e acido triiodotiroacetico (T3AC), i quali verranno a loro volta trasformati in T3 attivo dall’enzima solfatasi intestinale.

Per cui se questo enzima viene prodotto dai batteri sani è necessario mantenere la flora batterica in euobiosi, quindi in equilibrio. Inoltre, l’infiammazione intestinale riduce anche il T3 aumentando il cortisolo e, quindi, producendo rT3.

Perciò cosa fare per mantenere in buono stato l’intestino? Per prima cosa evitare che questo diventi permeabile, evitando l’eccessivo consumo di glutine e latticini, ma anche fattori esterni come lo stress e l’utilizzo di antibiotici costante. Infatti, questi ultimi sono in grado anche di distruggere i batteri “buoni” dell’intestino, promuovendo disbiosi intestinale. Si consiglia l’uso di probiotici nel ripristinare la salute intestinale e di prebiotici una volta ristabilito l’equilibrio, in modo da garantire il nutrimento per le cellule intestinali.

 

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Francesco Garritano
Author: Francesco GarritanoWebsite: http://ilcentrotirreno.it/nutrizione/
Responsabile Scientifico del Supplemento NUTRIZIONE del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Biologo Nutrizionista e Professionista GIFT. Studio, Passione ed Esperienza per il benessere fisico-psichico dei miei pazienti! Nel 2003 conseguo la mia prima laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche, voto 110 su 110 e lode, con tesi di laurea in Biochimica Applicata che diventa pertanto la prima importante esperienza in campo farmaceutico. Nel 2007 ritorno “sui libri” per conseguire nel 2009 la seconda laurea in Scienze della Nutrizione con voto 110 su 110 e lode. Il passo seguente è l’abilitazione per avviarmi da subito alla professione di biologo nutrizionista. L’inizio di questa nuova avventura coincide con la seconda professione di docente e relatore in vari convegni su tutto il territorio nazionale, in quanto responsabile scientifico della NutriForm, società di formazione ed eventi.

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