Le abitudini sbagliate che generano infiammazione
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Mar, Apr

Le abitudini sbagliate che generano infiammazione

Le abitudini sbagliate che generano infiammazione

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Molto spesso oramai si sente parlare di “corpo infiammato”, di “intestino infiammato”, di sistema immunitario che reagisce contro il nostro corpo

Le abitudini sbagliate che generano infiammazione
Le abitudini sbagliate che generano infiammazione


Mi rivolgo a coloro che accusano sintomi di malessere e  fastidio generalizzato dopo aver mangiato, ai pazienti che si presentano presso il mio studio con un quadro clinico di infiammazione che io mi propongo di trattare, a tutti coloro che non sanno più cosa evitare di mangiare per la paura di sentirsi male e che non riescono a dimagrire e a trovare un rimedio ai loro problemi di salute. In questo articolo voglio farvi capire cosa vi è alla base di questo processo infiammatorio e come il sistema immunitario è strettamente collegato a questo circolo vizioso.

Cause dell’infiammazione

Le cause che scatenano un processo infiammatorio nel nostro organismo sono molteplici: mi riferisco sia a fattori endogeni che esogeni.

Per fattori endogeni intendo tutti quei processi o condizioni che, all’interno del nostro organismo, possono scatenare un’infiammazione. Mi riferisco al cattivo sonno, ad un intestino che è permeabile nei confronti di troppe sostanze, ad uno stomaco che non produce in maniera corretta e controllata l’acidità, alle nostre ghiandole che producono troppi o pochi ormoni; e vi sono anche gli errori che commettiamo nella masticazione, lo stress, l’ansia, la depressione.

Per fattori esogeni intendo la nostra alimentazione, quindi gli zuccheri raffinati, gli oli trans-idrogenati, i grassi di cattiva qualità, il sale, l’assunzione non corretta di latticini, i metalli pesanti, le farine raffinate; poi anche la mancanza di una vita attiva, l’abitudinarietà, l’inquinamento ambientale, i farmaci, i prodotti OGM, gli xenobiotici.

Il grasso causa di infiammazione

Lo stesso segnale di ingrassamento e di infiammazione provocato dallo zucchero, (non facile da trovare per l’uomo del paleolitico da cui discendiamo) insorge anche da pasti dall’alto contenuto di grassi. La spiegazione a ciò ha delle radici che affondano nei comportamenti del lontano uomo preistorico: l’uomo a quei tempi doveva necessariamente incamerare il più possibile dei grassi di scorta, sfruttando l’alimentazione dei momenti di abbondanza: in luce di ciò l’uomo preistorico faceva ingente scorta di frutta, bacche, animali uccisi, per conservare energia sotto forma di grasso utilizzabile nei momenti in cui questa abbondanza di cibo non gli si presentava facilmente, utile per la sopravvivenza.

L’organismo possiede una struttura genetica che predispone all’ingrassamento e che promuove infiammazione quando si incontra lo zucchero ma anche quando si incontra un cibo ad elevata dominanza di grassi. Mentre la parte legata allo zucchero è già nota da tempo, quella legata al grasso è invece di recentissima scoperta.

Uno studio ha infatti dimostrato il meccanismo attraverso cui si attiva la formazione di energia di scorta da energia ingerita, cioè in grasso. Secondo tali ricercatori americani, una ingente assunzione di grassi o di zuccheri semplici, attiva alcuni fattori nucleari ipotalamici (NF-kB) che modificano l’equilibrio leptina/insulina e favoriscono il deposito adiposo.

In seguito a ingrassamento e infiammazione aumenta la produzione di resistina, che, come dice il termine stesso, induce resistenza insulinica e provoca danni da sovraccarico adiposo non solo negli adipociti quando anche negli organi interni, come il fegato.

L’insonnia e l’infiammazione

Ma non solo. Come hanno dimostrato alcuni ricercatori americani la quantità di leptina, un importante ormone umano che contribuisce a regolare il consumo metabolico dell’organismo e il suo appetito, si presenta nettamente diminuita nelle persone che dormono di meno. Quindi anche il sonno fatto male si presenta come un forte disturbatore metabolico. In condizioni fisiologiche, dormendo oltre 8 ore per notte la leptina cresce, mentre l’appetito cala; quando invece dormiamo poco la leptina si abbassa. E l’appetito cresce, in misura proporzionale.

Molti turnisti, molte persone impegnate a lavorare di notte o le persone che usano la notte per scrivere o studiare, sviluppano dei meccanismi quasi compulsivi di introdurre alimenti nel proprio organismo dovuti alla forte sregolazione degli assi metabolici.

Questo aumenta la quantità di cibo introdotto con l’alimentazione incrementando l’apporto calorico globale, ma soprattutto la fa avvenire in un momento altamente sfavorevole per la attivazione insulinica, poiché di notte il nostro metabolismo è indirizzato verso processi anabolici e quindi di conservazione dell’energia anziché di consumo, favorendo la trasformazione in grasso del cibo introdotto, anziché la sua trasformazione in energia o in calore.

Poco dopo questo studio un’altra ricerca ha confermato che nell’uomo la riduzione del sonno porta oltre che ad una riduzione della leptina, anche all’innalzamento della grelina e all’aumento dell’appetito. Questo vuol dire maggiore ingrassamento, maggiore stress (anche ossidativo) e infiammazione dell’organismo.

Altri fattori pro-infiammatori

La mancanza di attività fisica o attività fisica insufficiente è anch’esso un fattore negativo per il nostro metabolismo, ma non solo, anche in ottica pro-infiammatoria abbiamo segnali In un ottica di dimagrimento, si chiede alle persone di fare attività fisica per attivare il metabolismo, inoltre, riposarsi poco è un fattore di promozione di ormoni pro-insulari, come il cortisolo, prodotto dal surrene in seguito a stimolazione ipotalamica, il quale aumenta lo stress cellulare e induce lipogenesi e proteolisi (ingrassamento e contemporaneo deperimento muscolare).

I metalli pesanti sono un altro fattore molto nocivo per la nostra salute e per la generazione di infiammazione: è considerato da tempo un metallo tossico. In letteratura sono molti gli studi che confermano il suo ruolo negativo sul nostro organismo. L’esposizione al Mercurio deriva primariamente da tre fonti: otturazioni in amalgama, consumo persistente di certe specie di pesce e fauna ittica e, occasionalmente, esposizione professionale.

È stato osservato che il mercurio presente nelle otturazioni in amalgama può portare all’incremento dell’infiammazione di basso grado che, a sua volta, ha un ruolo importantissimo nello sviluppo di altre patologie. La quantità di mercurio presente nella fauna ittica è relativa all’età del pesce, alla dimensione e alla sua posizione entro la catena alimentare: i pesci predatori e più anziani hanno più elevate concentrazioni di mercurio rispetto agli altri.

Esistono, inoltre, differenti fonti e forme di inquinamento: rumore, radon e altri inquinanti domestici, residui chimici agricoli nell’acqua e nei cibi, farmaci in eccesso, alimenti impoveriti del loro originario capitale nutritivo e per giunta additivati di sostanze artificiali e nocive, e inoltre l’inquinamento vero e proprio che costituisce sostanze allergene, cancerogene, polveri fini, inquinamento fotochimico nelle città, radioattivo: basti pensare alle conseguenze che ha avuto la bomba di Cernobyll sulla popolazione, anche negli anni successivi e addirittura persistenti anche ai giorni d’oggi.

Conseguenze dell’infiammazione

Le fonti inquinanti sono la causa preponderante di infiammazione, cancro, infezioni diffuse, allergie, invecchiamento, stress ossidativo, stanchezza e molto altro. Quando siamo in presenza di infiammazione, il nostro sistema immunitario produce maggiormente alcune tipiche molecole che denotano uno stato di flogosi, ovvero le Immunoglobuline G.

Inoltre, il cibo ingerito può determinare la produzione di citochine infiammatorie che possiamo misurare mediante alcuni esami e definire la maggiore o minore ristrettezza dietetica relazionata al livello di infiammazione presente.

Un altro fattore pro-infiammatorio è la cattiva ossigenazione dei tessuti, che può essere dovuta sia ad un fattore di disfunzione cardiocircolatoria, sia ad un’alterazione della struttura dei vasi sanguigni e dei capillari (varicosità, ipercolesterolemia e formazione di placche aterosclerotiche), sia ad una cattiva respirazione per tonsille ingrossate, adenoidi, problemi alla cavità nasale o all’apparato respiratorio: in condizioni di ipossia il tessuto adiposo produce la visfatina, un’adipochina che genera infiammazione in quanto stimola le cellule B, e lo fa per avvertire il nostro sistema immunitario a prepararsi ad un’eventuale emergenza da eventuale danno cellulare.

Alimentazione e infiammazione

La forte dipendenza tra l’assunzione alimentare e l’innalzamento del BAFF (B Cell Activating Factor) è stata stud

iata da Lied, nel 2010. Da allora la misurazione del BAFF e di altre citochine come il PAF (Platelet Activating Factor) sta entrando nella pratica comune. Anche quando parlo con i miei pazienti, per far comprendere il quadro clinico, parlo di infiammazione da cibo, superando la vecchia terminologia, ormai obsoleta e scorretta di “intolleranza alimentare”. E’, infatti, una definizione impropria che è stata utilizzata per lungo tempo.

Vi sono alcune metodiche, come il Recaller Program, capaci di misurare queste citochine infiammatorie e determinare lo stato infiammatorio nell’ organismo.

Le IgG crescono nell’organismo in modo corrispondente alla dieta che una persona sta seguendo con sistematicità: segnalano un eccesso di assunzione degli alimenti di un certo gruppo alimentare, ma ciò che è importante sottolineare è che la risposta è di tipo individuale.

In parole povere, voglio dire che le IgG diventano la chiave di lettura dell’eccesso alimentare nella introduzione di particolari categorie alimentari: se quei cibi, in modo individuale, iniziano a essere “in eccesso”, ecco che la produzione di IgG cresce e i segnali di allarme nei confronti di quei cibi diventano sempre più evidenti. Le sostanze a cui il nostro organismo può presentare una spiccata ipersensibilità sono: Frumento e glutine, latte e latticini, lievitati, nichel, grassi vegetali idrogenati, oli di scarsa qualità, sale.

Si evidenzia, quindi, come un organismo infiammato è in grado di indurre il nostro sistema immunitario a rispondere in modo anomalo contro i nostri tessuti ed il nostro organismo.

Come verrà descritto nel mio libro sulla tiroidite di Hashimoto che a breve uscirà, l’aumento di BAFF è alla base di uno stimolo sulle cellule B che può indurre la maggior parte delle malattie autoimmuni, come avviene per la tiroidite di Hashimoto di cui ho fatto menzione, ma non solo. È alla base di altre numerose malattie autoimmuni e disturbi dell’apparato gastrointestinale, della cute, delle articolazioni, del sistema immunitario e di altri organi e apparati.

Le citochine dovute a infiammazione non determinano solo condizioni di morbosità conclamata, ma anche di sovrappeso, di stanchezza cronica e di cattiva performance muscolare sportiva, e qui il controllo dell’infiammazione può portare a sensibili e importanti miglioramenti. Vi è, infatti, una stretta relazione tra infiammazione immunologica, insulino-resistenza e produzione di determinate adipochine. Infatti, questi processi infiammatori arrecano un forte disturbo sull’asse metabolico controllato dalla leptina, e ciò vuol dire cattiva funzionalità della tiroide, del surrene, fenomeni di scarso controllo sul metabolismo energetico e quindi sovrappeso, quindi preludio di patologie croniche e obesità.

Grazie allo sviluppo scientifico oggi è anche possibile provare la tendenza ad una food sensitivity anche con un metodo semplice e non invasivo che consiste in un’accurata anamnesi alimentare e con la compilazione, da parte del paziente, di un semplice Questionario di Anamnesi di Sovraccarico Alimentare, ovvero il QuASA. Grazie a questa anamnesi riesco ad analizzare eventuali predisposizioni verso una Food Sensitivity, il sovraccarico verso un particolare gruppo alimentare e l’effetto sintomatico che viene generato da alimenti che danno fastidio al nostro organismo.

Qualsiasi disturbo con componente infiammatoria cronica di cui non si riesca a comprendere la causa dovrebbe far pensare anche a una sottostante infiammazione e ad un intestino disturbato a livello della sua funzionalità, come ho spiegato meglio nell’articolo che sulla Leaky Gut Syndrome.

Ciò che consiglio, quindi, è di prestare attenzione, innanzitutto alle buone maniere primarie nei confronti di noi stessi, ovvero dormire bene, fare attività fisica, evitare lo stress, dedicare tempo a noi stessi e al nostro benessere psico-fisico, e non solo spaccarsi di sport o alimentazione sana senza curare tutti gli altri fattori che contribuiscono a farci stare in forma.

Fonti bibliografiche:

  • Ligaarden SC et al. IgG and IgG4 antibodies in subjects with irritable bowel syndrome: a case control study in the general populationBMC Gastroenterol. 2012 Nov 21;12:166.
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  • Tabassum A et al. Potential role of peroxisome proliferator activated receptor gamma activation on serum visfatin and trace elements in high fat diet induced type 2 diabetes mellitus. Life Sci. 2018 Jul 15;205:164-175.
  • Zhang X et al. Hypothalamic IKKbeta/NF-kappaB and ER stress link overnutrition to energy imbalance and obesity. Cell. 2008 Oct 3;135(1):61-73
  • Spiegel K, et al. Leptin levels are dependent on sleep duration: relationships with sympathovagal balance, carbohydrate regulation, cortisol, and thyrotropin. J Clin Endocrinol Metab. 2004 Nov;89 (11):5762-71
  • Spiegel K., et al. Brief communication: Sleep curtailment in healthy young men is associated with decreased leptin levels, elevated ghrelin levels, and increased hunger and appetite. Ann Intern Med. 2004 Dec 7;141(11):846-50

 

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Francesco Garritano
Author: Francesco GarritanoWebsite: http://ilcentrotirreno.it/nutrizione/
Responsabile Scientifico del Supplemento NUTRIZIONE del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Biologo Nutrizionista e Professionista GIFT. Studio, Passione ed Esperienza per il benessere fisico-psichico dei miei pazienti! Nel 2003 conseguo la mia prima laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche, voto 110 su 110 e lode, con tesi di laurea in Biochimica Applicata che diventa pertanto la prima importante esperienza in campo farmaceutico. Nel 2007 ritorno “sui libri” per conseguire nel 2009 la seconda laurea in Scienze della Nutrizione con voto 110 su 110 e lode. Il passo seguente è l’abilitazione per avviarmi da subito alla professione di biologo nutrizionista. L’inizio di questa nuova avventura coincide con la seconda professione di docente e relatore in vari convegni su tutto il territorio nazionale, in quanto responsabile scientifico della NutriForm, società di formazione ed eventi.

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