Sappiamo ormai che la vitamina D è indispensabile per tantissime funzioni fisiologiche. Ancora, però, non era ben chiaro il ruolo che questa potesse svolgere nel regolarizzare il ciclo mestruale
La carenza di vitamina D può essere causata dall’insufficiente esposizione alla luce solare oppure dalla scarsa assunzione di alimenti che la contengono, causando un aumento del rischio di osteoporosi, cancro, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni e disturbi mentali come la depressione e la sindrome da dolore cronico. Ma non solo.
Negli esseri umani, la vitamina D agisce attraverso il recettore della vitamina D (VDR) per modulare l’espressione di circa 3000 geni in vari tessuti compresi tessuti riproduttivi quali ovaie, utero e vagina. Inoltre, i polimorfismi genetici legati ai recettori della vitamina D sono stati collegati ai livelli sierici di ormone luteinizzante, globulina legante gli ormoni sessuali, testosterone e insulina. Questi studi, ormai confermati, hanno suscitato l’interesse di ricercatori che hanno dimostrato di recente la relazione tra bassi livelli di vitamina D e insulino-resistenza, irsutismo e infertilità, sintomi associati a disturbi dell’ovulazione, che possono condurre alla sterilità e alla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). Inoltre, è stato ipotizzato che l’aumento dei livelli sierici di vitamina D e calcio possa migliorare la funzione riproduttiva nelle donne con PCOS.
Lo scopo di questo studio, invece, era di valutare i livelli sierici di vitamina D e di confrontarli con il ciclo mestruale in giovani donne con differenti pesi corporei. Sono stati reclutate 80 studentesse, 77 delle quali hanno completato lo studio. In base alla concentrazione di vitamina D che presentavano, le donne sono state suddivise in due gruppi: a) con livelli <30 ng/mL; b) > 30 ng/mL ≤ 80 ng/mL.
Nel gruppo a, che presentava basse concentrazioni in circolo di vitamina D, il 40% delle partecipanti ha riferito di avere cicli lunghi, il 27% è stato classificato con oligomenorrea e il 13% con amenorrea. Nel gruppo b, invece, solo il 12% ha riportato disturbi del ciclo mestruale, il 6% ha avuto oligomenorrea e il 6% ha avuto amenorrea. Dunque, le donne con concentrazioni inferiori a 30 ng/mL di vitamina D avevano quasi cinque volte più probabilità di avere disturbi del ciclo mestruale, rispetto a chi presentava valori adeguati della stessa. In conclusione, è stata dimostrata una relazione tra la frequenza dei disturbi mestruali e bassi livelli di vitamina D, per cui risulta necessaria la supplementazione.
Inoltre, il lavoro di altri autori ha dimostrato che una carenza di vitamina D possa portare ad un aumento dell’ormone paratiroideo, accompagnato da PCOS, infertilità dovuta alla mancanza di ovulazione e alti livelli di testosterone. La vitamina D controlla la biosintesi degli estrogeni regolando direttamente il gene dell’aromatasi e mantenendo l’omeostasi del calcio extracellulare. La vitamina D ha anche un effetto significativo sull’azione dell’insulina, che influisce sulla presenza dei recettori VDR nelle cellule beta pancreatiche a cui il calcitriolo si lega e stimola la secrezione di insulina. Partecipa anche al metabolismo del calcio. La carenza di vitamina D, con l’ulteriore disregolazione del metabolismo del calcio nel corpo, contribuisce alla soppressione della maturazione follicolare ovarica nelle donne con PCOS. Ci sono anche studi che dimostrano che l’integrazione di vitamina D possa regolarizzare il ciclo mestruale nelle donne con PCOS.
Qual è il dosaggio da non superare se assumiamo la vitamina D tramite integratori? La dose tossica di vitamina D non è stata stabilita. Un rapporto dell’Istituto di Medicina ha concluso che dosi inferiori a 10.000 UI/die non sono solitamente associate a tossicità mentre dosi uguali o superiori a 50.000 UI/die per diverse settimane o mesi sono frequentemente associate a effetti collaterali tossici.