Nell’ultimo decennio la vitamina D è stata sotto i riflettori in molti campi di ricerca. Nonostante numerose pubblicazioni, la sua influenza sulla salute riproduttiva rimane ambigua. In questo articolo vorrei fornirvi le indicazioni circa gli ultimi studi effettuati per quanto riguarda il ruolo della vitamina D nella salute riproduttiva.
Vitamina D e fertilità
La vitamina D, di cui spesso ho parlato nei miei articoli, è un nutriente indispensabile per il nostro organismo, infatti oltre ad essere coinvolto in funzioni che ormai conosciamo tutti, si pensa sia importante anche per la fertilità di uomo e donna.
La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che la supplementazione di vitamina D sia necessaria, in particolare nelle donne che soffrono di obesità, insulino-resistenza o di piccola riserva ovarica, nonché negli uomini con oligo- e astenozoospermia, se la concentrazione sierica scende al di sotto di 50 nmol/L.
Ma quali sono state le scoperte degli ultimi studi?
Gli articoli sotto riportati sono review aggiornate delle attuali conoscenze riguardanti il ruolo del colecalciferolo (vitamina D) nella riproduzione umana. Infatti, questa copre vari problemi di infertilità, come la sindrome dell’ovaio policistico, l’endometriosi, l’infertilità indotta da mioma, l’infertilità maschile, l’insufficienza ovarica prematura. Il deficit di vitamina D, definito come concentrazione sierica inferiore a 50 nmol/L, è comunemente presente nei pazienti che hanno problemi di fertilità. È una tendenza globale osservata in tutte le fasce d’età.
In una delle pubblicazioni, è stato anche scoperto che la proteina legante la vitamina D (VDBP) ha una somiglianza molecolare con gli anticorpi anti-sperma, e un altro ha concluso che sia basse concentrazioni (<50 nmol/L) sia alte (> 125 nmol/L) di vitamina D, sono associate a diminuzione del numero e della qualità degli spermatozoi nel seme. Quindi anche nell’uomo è importante mantenere livelli adeguati di vitamina D per migliorare la fertilità.
Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). Oggi sappiamo che, in una donna sana, la concentrazione sierica di vitamina D è maggiore rispetto a quella dei pazienti affetti da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). Il meccanismo d’azione della stessa nei pazienti con PCOS rimane sconosciuto, ma l’integrazione di colecalciferolo migliora la loro resistenza all’insulina e gli effetti del trattamento dell’infertilità. La vitamina D stimola anche la produzione di ormone anti-Mülleriano, che è altamente correlato alla conservazione della riserva ovarica. Gli studi suggeriscono che la vitamina D modifica i modelli di produzione dell’ormone anti-Mulleriano nelle cellule di granulosa ovarica e altera la sensibilità dell’ormone follicolo-stimolante (FHS), possibilmente giocando un ruolo nello sviluppo del follicolo ovarico.
Miomi uterini. Allo stesso modo, nei pazienti con carenza di vitamina D, si osserva una maggiore presenza di miomi uterini, un’altra ragione stabilita per l’infertilità.
L’effetto della vitamina D sulle cellule della granulosa ovarica responsabile della steroidogenesi, così come sulla regolazione del sistema immunitario, è stato stabilito dopo aver trovato i recettori 1-α-idrossilasi e VDR in placenta, ovaie, endometrio e ghiandole pituitarie. Nei pazienti di sesso maschile, il VDR è stato trovato nei testicoli e negli spermatozoi.
Insufficienza ovarica prematura. L’insufficienza ovarica prematura è definita come l’inizio del periodo menopausale prima del 40° anno di vita ed è stato dimostrato come possa anche essere influenzata dal livello di vitamina D. Fatta eccezione per il fattore età, l’ormone anti-Mülleriano (AMH) è ben riconosciuto come marker biochimico di questa sindrome. Dopo le fluttuazioni fisiologiche nell’infanzia, l’AMH si è stabilizzato all’età di otto anni e successivamente inizia a diminuire a partire dal 25° anno di vita fino all’inizio della menopausa. L’AMH è prodotto dalle cellule della granulosa ovarica indipendentemente dalla stimolazione con le gonadotropine, ma può essere attivato dall’integrazione di vitamina D. È responsabile della stimolazione dei follicoli primari nelle ovaie e della loro suscettibilità all’FSH. Nella riproduzione assistita, è ampiamente usato come parametro di riserva ovarico. In uno studio recente, i livelli sierici di vitamina D, ormoni steroidei, SHBG e marcatori di riserva ovarica sono stati determinati in 73 donne non-obese, sane. Nel siero di il livello di vitamina D era correlato positivamente con il testosterone totale e l’indice androgeno libero, per cui gli autori suggeriscono che la vitamina D possa aumentare la fertilità attraverso la modulazione dell’attività degli androgeni.
Conclusioni
Oltre a verificare le concentrazioni sieriche di vitamina D quando si ha intenzione di concepire un figlio, si consiglia sempre il cambiamento dello stile di vita, intraprendendo una dieta di segnale in grado di stimolare naturalmente l’asse della fertilità.
Fonti bibliografiche:
- Luca Pagliardini et al. High Prevalence of Vitamin D Deficiency in Infertile Women Referring for Assisted Reproduction. Nutrients 2015, 7(12), 9972-9984
- Filip A. Dabrowski et al. The Role of Vitamin D in Reproductive Health—A Trojan Horse or the Golden Fleece? Nutrients 2015, 7(6), 4139-4153
Nota importante: le presenti informazioni nel campo della nutrizione non devono essere intese come sostitutive di eventuali terapie mediche farmacologiche da concordare ed assumere sotto lo stretto controllo del medico specialista.